Apro gli occhi…
Che cosa ?
Che cosa ci ha distrutto ?
Aveva vent’anni
La conobbi per caso, in un soleggiato e freddo giorno d’inverno,un giorno strano per quella rigida stagione invernale, quasi anomalo.
Era un inverno particolarmente freddo,passavo parte della mia giornata sulle piste da sci come consuetudine da quando trasferitomi dalla città,vivevo in una località turistica di montagna.
Una scelta di vita dettata dalla voglia di voler scappare da una vita frenetica,che mi aveva dato e tolto tanto,forse più di quanto avrebbe dovuto.
Ero infreddolito, mi fermai così nella solita baita per bere qualcosa e cercare di scaldarmi un pò sotto a quel sole così grosso e luminoso.
Entrai, il rumore dei passi con i pesanti scarponi da sci era coperto dal vociare delle persone e dalla musica che faceva divertire i parecchi turisti presenti; mi avviai deciso verso il bancone,come tante altre volte,ignaro e inconsapevole dell’incontro che la vita mi stava preservando.
“Bella Ettore ! Com’è??”
dissi a gran voce rivolgendomi al proprietario dell’attività.
“Grande Alex ! Sempre in giro eh ?”
“Sempre, lo sai! Son venuto a bermi un colpo,troppo freddo”
“Media?”
Riferendosi alla mia solita abitudine di bermi una birra media
“No no, genepy và, fanculo, tanto me torno giù in fretta”
Si fece una risata e prese la bottiglia del suo miglior genepy alle sue spalle, era sua consuetudine offrire il meglio ai suoi amici, facendolo poi notare agli altri clienti del bar, quasi come se volesse dire loro che se fossero venuti più spesso, questo trattamento sarebbe stato riservato anche a loro.
Ettore era una persona strana ma affabile, aveva un modo di fare che o ti infastidiva o ti conquistava.
Arrivato dal sud e proprietario di altre attività in Sicilia e Sardegna, aveva deciso di investire il suo tempo e il suo denaro in Valle d’Aosta.
A volte entravi nel suo locale e dopo averti salutato sembrava quasi entrasse in uno strato di catalessi, gli parlavi, ti ascoltava, ma non reagiva in nessuna maniera, la sua unica preoccupazione era quella di controllare il suo locale e vedere che tutto andasse bene, che a nessuno mancasse nulla. All’improvviso partiva a chiamare i suoi dipendenti, sicuramente aveva notato qualcosa che non andava o qualcuno che aspettava impaziente che la cameriera venisse a prendere la comanda; dopo tutto questo, usciva da quella catalessi e tornava a parlare con te, magari a serviti o a farti il conto.
Presi il mio bicchiere e uscii, cercando una sdraio libera per mettermi a sorseggiare il mio liquore, mi guardavo attorno in mezzo alle persone quando una voce familiare mi chiamò:
“Alex!”
Mi girai verso quella voce
“Laura ! Sei su ?”
Laura era una giovane turista di Milano,che sfruttava l’opportunità di salire a La Thuile grazie alla casa posseduta dai genitori,lo faceva ogni qual volta ne avesse la possibilità.
“Eh si, son su a farmi qualche giorno di vacanza,anche se in realtà dovrei studiare”
“Ahah, ma si, che ti frega, per quello c’è sempre tempo!” replicai.
“Ma la conosci la mia amica ?”
“Eh no La,non la conosco no”
Si girò verso di lei “Ti presento Alex!”
“Ciao, piacere” replicai
“Ciao, Elodie”
Il rumore copriva la sua delicata voce
“Come?” dissi
“Elodie” cercando di alzare la voce, replicò lei.
“Marine ?!”
“Elodie!” rispose finalmente a gran voce
“Haha scusami,sono ritardato oggi, sai, il freddo”
Rise…
In realtà non erano ne il freddo, ne il rumore, ne la sua voce delicata che non mi avevano fatto capire il nome. Era la ragazza più bella che avessi mai visto, le guance arrossate, i lunghi capelli castani raccolti sotto una fascia di lana, le forme ben evidenti anche se nascoste dal pesante abbigliamento da sci.
Passai qualche minuto con loro, parole di convenienza, una sigaretta, anche se in quel periodo pensavo di smettere di fumare, una sigaretta in compagnia di un’amica non la si rifiuta mai.
Bevvi anche l’ultimo sorso di genepy:
“Ciao Lauretta, ci vediamo magari questa sera se fai un salto ok ? Porta pure la tua amica”
“Ok, ti mando un messaggio e ti dico più tardi”
Guardai l’amica
“Ciao Elodie” sorrisi “alla prossima allora!”
“Ciao Alex, magari ci si vede questa sera”
La neve scricchiolava sotto gli scarponi mentre mi allontanavo per raggiungere gli sci che avevo lasciato lontano dalla baita, caspita, ero convinto fossero più vicini…
Un “clack”, un rumore secco, agganciai gli scii e partii deciso verso il basso, ero in ritardo e dovevo andare ad aprire il negozio.
Mentre scendevo lungo una delle piste da sci più famose d’Italia, la mia mente non era come al solito presa dal gesto sportivo dello sciare, scendevo distratto, quasi assente su quei movimenti che mi erano tanto familiare ma che normalmente avrei fatto attenzione a fare nel modo migliore in cui ero in grado di fare. La mia mente era rapita da quella ragazza con le guance arrossate che avevo appena conosciuto.
Com’è che non l’avevo mai notata ?
Un sorriso mi si abbozzò sulla faccia ripensando alla breve conversazione avuta; giunsi in paese.
Il resto del pomeriggio passò tranquillo, tra viavai di persone all’interno del negozio; ricordo una signora dallo strano cappello e dalla vistosa pelliccia entrare, avrà avuto non più di trentacinque anni, ma quell’abbigliamento un po’ troppo chic le dava l’aria, e l’età, di una ricca signora molto più anziana di quello che era realmente.
Si guardò intorno per un po’, prendeva un articolo in mano, lo osservava nel dettagli e delicatamente lo riposava sullo scaffale. Sembrava che ciò che vendevo nel mio negozio non era adatto a lei, forse troppo poco costoso o elegante per entrare a far parte dei suoi suppellettili casalinghi.
“Arrivederci” disse con tono pacato ed educato, ed uscì dal negozio.
“Gente strana” dissi sottovoce.
Squilla il cellulare, come al solito non lo trovavo.
Chissà perché era sempre così, ero cellulare-dipendente e ogni volta non ricordavo mai dove l’avevo messo; il più delle volte ce lo avevo in tasca e non me ne rendevo conto, ma spesso lo lasciavo nei posti più impensabili e assurdi, quasi come se lo facessi automaticamente senza rendermene conto.
Una volta lo ritrovai nel frigo, chissà come ci era finito.
SMS
“Ciao, ape al solito posto alle 8 ? Lauretta”
Risposi con un semplice “ok” e iniziai a preparare la chiusura del negozio, controllando che tutto fosse in ordine per la mattina dopo.
Arrivai come al solito in ritardo, lo facevo praticamente sempre, quasi come se non mi importasse di essere li per ultimo, quasi come se l’arrivare per ultimo fosse una mia caratteristica inconfondibile; sovente gli amici quando organizzavano un’uscita o una cena, mi comunicavano l’ora dell’appuntamento sottraendo mezz’ora dall’orario ufficiale, certi che in quel modo non avrebbero dovuto aspettarmi.
Entrai dalla porta secondaria, gli occhiali si appannarono per la forte differenza di temperatura, li tolsi per pulirli.
“Ciao !”
Riconobbi la voce, senza occhiali non distinguevo praticamente nessuno a un metro di distanza
“Ciao ! Scusa ma non vedo un cavolo senza occhiali, anche se mi pare di conoscere la voce”
Sapevo benissimo che quella voce apparteneva a quella ragazza dalle guance rosse che avevo conosciuto nel pomeriggio, non so spiegarmi ancora oggi il motivo, ma quella voce, una volta sentita, l’avrei riconosciuta in mezzo ad altre mille voci; era dolce e allo stesso tempo buffa per quell’accento particolare, quell’accento completamente opposto al mio.
Con un gesto rapido rimisi gli occhiali al loro posto sul naso.
“Elodie giusto ?”
Alta un metro e settanta più o meno, se ne stava in piedi, sorridente, a pochi metri da me. I lunghi capelli le cadevano sulle spalle morbidi e sinuosi, un sorriso che sembrava disegnato sul visino quasi da bambina, le guance arrossate, quel corpo così perfetto e femminile, sono sicuro che fosse la ragazza più bella che era presente in quel locale.
Poco lontano notai un gruppetto di ragazzi seduto a un tavolo, quattro amici in giro ancora vestiti da sci, ridacchiavano guardandola, sentii chiaramente uno di loro dire “gran culetto!”
“Bravo, ti sei ricordato il mio nome ! L’hai ripetuto per tutto il giorno per ricordartelo ?”
Sorrisi, in realtà la verità non era molto lontana da quello che aveva detto, per gran parte della giornata avevo pensato a quel visino che tanto mi aveva colpito, e ripetuto un paio di volte il nome per ricordarmelo.
“Ti stanno guardando il culo” risposi
Ero solito a queste frasi, sopratutto per rompere il ghiaccio con una persona appena conosciuta o per far ridere qualcuno. Ero famoso per la mia schiettezza, sincerità e poco tatto nel dire certe cose.
“Ahahahha, ma chi ?”
“Quel tavolo di ragazzi la in fondo”
Si girò verso di tavolo e loro di pronta risposta si rigirarono continuando altri discorsi.
“Saranno già ubriachi ! Oppure ciechi !”
Ci raggiunse anche Laura, ci salutammo come sempre e ordinammo uno spritz a testa. Uno dei tanti della serata…
L’indomani non fù così felice come giornata, quando ti svegli dopo una serata di festa e devi pure lavorare tutto il giorno, non è mai una gran cosa.
Avevo spesso quella sensazione di vivere nell’ovatta, non che stessi così male, ma capivo cosa provavano gli astronauti sbarcati per la prima volta sulla luna, dopo aver fatto il primo passo in assenza di gravità.
Scrissi un sms a Jeff, uno dei miei migliori amici e compagno di tante, forse troppe, avventure.
“Hai presente la foto che c’è sull’iphone quando lo compri ? Ecco oggi vedo il mondo così…”
Rispose come al solito con una gran risata
Arrivò anche un altro sms in tarda mattinata:
“Buongiorno ! Da ieri sera odio lo spritz…colpa tua!”
Era un sms di Elodie, quasi non mi ricordavo di averle dato il numero, a dire il vero faticavo a ricordarmi gran parte della seconda serata.
Continuammo per un po’ a scriverci durante la giornata, i giorni successivi, ancora e ancora.
Sentivo che quel giorno, in quella baita, avevo incontrato qualcuno di speciale e che in qualche modo avrebbe fatto parte della mia vita per molto tempo, non sapevo in che modo, non sapevo nemmeno come avrei fatto, ma sapevo che era così.
Non mi piace dilungarmi troppo nel raccontare le cose, non potrei nemmeno raccontare giorno per giorno tutto quello che accadde, questo è il bello dello scrivere, dell’essere lo scrittore e decidere cosa e come raccontare.
L’unica cosa importante è che da quel giorno, da quel insolitamente freddo pomeriggio invernale, tutto cambiò nella mia vita; da quel giorno non riuscii a vedere altro che non fosse Elodie, in nessun’altra donna vedevo interesse, nonostante fossi famoso per il mio continuo amore e interesse verso donne diverse.
I chiari capelli castani lunghi che le scendevano sulle spalle, il visino dolce da bambina sempre illuminato dal rossore sulle guance, gli occhi castani profondi e infiniti come l’orizzonte visto da uno montagna, il seno prosperoso e femminile, le dita piccole con unghiette spesso corte e dai colori più impensabili, la pelle morbida, chiara e profumata, quella cadenza francese e l’accento strano; nulla di quello che avevo sempre desiderato mancava in lei.
Mi innamorai.
Mi innamorai come mai mi accadde prima. Mi innamorai in quel modo che raccontano nei libri e nei film, un amore che andava oltre l’attrazione fisica, un amore che era fatto di emozioni che ti tolgono la concentrazione da ogni cosa che fai, quell’amore che ti prendere la pancia e ti fa battere il cuore senza che tu riesca bene a capire il perché.
Odiava lo scontro e le discussioni inutili, se per qualche motivo iniziava a discutere era per un motivo sicuramente serio, per qualcosa che l’aveva delusa o fatto male, qualcosa che magari avevo fatto involontariamente e che l’aveva infastidita. Si discuteva e poi, si metteva in silenzio in un angolo, su una sedia, sul sedile della macchina o di spalle su un muretto; poi si girava un attimo a guardarmi rigirandosi subito dopo, per poi esclamare con quel suo accento straordinario “Brontolo!” riferendosi alla mia speciale abilità nel brontolare continuamente su qualsiasi cosa.
Il tempo passava in fretta accanto a lei, ogni giorno era come se la vedessi per la prima volta, come se non l’avessi mai incontrata, era in grado di darmi sempre la stessa sensazione, lo stesso brivido che mi diede la prima volta che la vidi; avevo la sensazione di conoscerla da sempre, di sapere esattamente cosa provava e cosa pensava semplicemente incrociando il suo sguardo.
Ogni giorno che passava mi innamoravo di lei, ogni giorno era la mia nuova fidanzatina, oddio non riesco nemmeno ad immaginare quanti amici abbia annoiato parlando continuamente di lei, sicuramente mi avranno odiato in tanti momenti.
Persone come lei ho sempre pensato esistessero solo nelle poesie, nei racconti d’amore o nelle canzoni, avevo trovato quella famosa una su un milione che in tanti nella vita hanno sempre cercato e mai incontrato.
Negli anni a venire la mia mente si riempiva di ricordi, fatti di piccole cose. Sono le piccole cose che rendono qualcuno speciale, non i gesti eclatanti, i regali costosi, i bei vestiti o la bellezza; una mano appena sfiorata poco prima di salutarsi, un profumo che avrei riconosciuto in mezzo ad un milione di odori, una voce…non c’era cosa che amassi di più della sua voce.
Litigammo duramente una volta, tanto duramente da dividerci, ricordo quella sera che andai con gli amici in un noto locale della valle, famoso per essere sempre pieno di gente fino a mattina, forse troppa gente.
Quella sera arrivai tardi, sapevo che era li, sapevo che l’avrei in qualche modo incontrata e proprio per questi motivi non volevo andare in quel locale, volevo evitarlo finché dopo quattro birre medie bevute, a qualcuno venne la bella idea di andare.
Nervoso, ero nervoso, il cuore batteva forte, fumavo.
Cercavo di respirare lentamente per evitare di agitarmi, come quando dopo un grosso sforzo si cerca di rallentare il respiro per far calare il fiatone.
Una volta dentro fù incredibile, c’erano almeno 300 persone sparse per il posto, accalcate in quello spazio che a fatica le conteneva; amiche e amici arrivavano continuamente a salutare e a parlare di discorsi inutili e di convenienza, non ricordo nulla in particolare di quella sera se non in fatto che in mezzo a tutta quella gente vedevo unicamente lei, ogni volta che giravo lo sguardo per il locale la vedevo, che ballava, bellissima e leggera, sembrava sapessi sempre dove si trovasse.
Tutto si risolse nel giro di qualche settimana, i rancori e le incomprensioni lasciarono di nuovo posto ai sentimenti che ci avevano contraddistinto fin dall’inizio, quell’amicizia e amore che fin da subito ci aveva travolti e annodati insieme.
Riusciva sempre a stupirmi in qualche modo, lo fece fin da subito anche se ancora ci si conosceva poco. Le avevo raccontato la mia grossa passione per il volo, in particolar modo il volo in elicottero, il mio sogno di vita che non avevo mai avuto la possibilità di realizzare ovvero il prendere il brevetto di volo e diventare un pilota di elicotteri.
Ci avevo volato tante volte e conoscevo praticamente tutto sull’argomento, sugli elicotteri stessi e su tutti i principali modelli in commercio.
Elodie ormai conscia di questa mia smodata passione aveva preso l’abitudine, ogni volta che un elicottero atterrava nel nostro paesino, di dirmi o scrivermi un messaggio che diceva “Alex ! C’è l’elicottero!”. Spesso accadeva che arrivasse mentre ero in montagna e lei faceva la stessa cosa, chiedendo sempre la conferma che quell’elicottero che sorvolava la vallata non fosse giunto per me.
DRIIIN !
“Il campanello…ha suonato ?”
Mi alzo dalla poltrona e faccio per dirigermi verso la porta per aprire…
“No, Nonno, dove vai ? Dimmi ancora di Nonna…” dice Andrea, il regalo più bello che mi ha fatto mia figlia Nicole.
Guardo Andrea mentre un piccolo sorriso mi si abbozza in faccia.
Lei era in grado di farmi sorridere sempre, senza fare nulla, mi bastava vederla o pensarla e immediatamente un sorriso nasceva sul mio volto. Un sorriso che tanti amici prendevano in giro, un sorriso involontario e quasi stupido. Lei mi faceva sorridere…
“Tua Nonna… già piccolo mio… tua Nonna aveva vent’anni ed era bellissima, e nei miei ricordi sarà sempre così, anche se tu non l’hai mai conosciuta”
Intanto una lacrima mi scende lungo la mia guancia ormai rugosa, e scompare velocemente tra la mia barba bianca.
Elodie, la portò via la montagna in un tiepido venerdì pomeriggio, quando tornando dal lavoro una valanga travolse la strada e la sua auto, trascinandola qualche decina di metri giù per la scarpata.
Il 139 del soccorso alpino si sentiva già in lontananza, stava arrivando per lei nel disperato tentativo si portarla il più in fretta in ospedale, troppo distante nella nostra valle per essere raggiunto in ambulanza in condizioni di urgenza. Lo stesso elicottero che tante volte nella mia vita avevo visto arrivare, lo stesso elicottero che un paio di volte aveva soccorso anche me, lo stesso elicottero su cui avevo operato in protezione civile era li per salvare la persona che mi accompagnava nella vita; non mi sembrava vero.
“Alex…” sospirò…
“Hai visto ? C’è l’elicottero…”
Alzò a fatica l’angolo destra della sua dolce bocca, quella bocca che tante volte avevo baciato, quasi volesse abbozzare un sorriso per dirmi che tutto andava bene.
Furono le ultime parole che le sentii pronunciare
La baciai…prima che chiuse gli occhi e si addormentasse per sempre.
L’elicottero decollò e lasciò lentamente la vallata, ma questa volta nessuno mi disse nulla.
Buio
Di notte,quando dopo aver spento la luce siamo soli, é allora che i pensieri più buii brillano nell’oscurita.
Angel…
Tempus edax rerum
Si dice che il tempo aggiusti e cancelli le cose brutte…
Provate a dirlo a una madre che ha perso suo figlio, a una moglie che ha perso suo marito, a un uomo o una donna che hanno perso l’amore della loro vita; non basterebbe tutto il tempo restante al mondo per far loro dimenticare il ricordo di chi era importante.
Il tempo ci aiuta solamente a distinguere fra chi era realmente importante e chi no, il tempo cancella ciò che era futile per noi.
Could i desire something ?
Evolution
Vivere, scrivere e morire,
indelebile un segno lasciare,
penna bianca sulla nera lavagna della vita.
Messaggero per posteri io mi faccio,
cosi che un giorno possano ridere della nostra società,
convinti di essersi evoluti all’alba della nostra fine.
Autumn is coming back…
La neve cambia tutto
La stanza semibuia, l’odore forte di disinfettante, le lenzuola ruvide, il cuscino che sembrava pieno di paglia.
Guardavo attraverso la finestra, la tapparellina metallica mi impediva di vedere bene all’esterno:
– Ha iniziato a nevicare !
Sorrisi.
– Come scusi?
Disse con voce assonnata l’infermiera.
– Dico che ha iniziato a nevicare.
– Come fa a dirlo, é piena notte!
Esclamò la donna.
– L’odore…anche se è difficile percepirlo da qui dentro, e quella luce particolare che emana il cielo notturno quando nevica. Guardi lei stessa,mi si rompa un’altro osso se mi sbaglio!
La donna ormai incuriosita si alzò dalla brandina, andò con passo stanco verso la finestra e cercò la cordina per arrotolare la tapparella.
– La corda non c’é, si é rotta l’altro giorno e nessuno é venuto a ripararla…
Sospirai, rivolsi di nuovo lo sguardo verso la finestra,come quando si cerca qualcosa.
– Così come lei non é venuta a trovarmi,persino la neve mi ha fatto visita…ma forse lei non sa che mi trovo qui…
La donna scostò l’oscurante con la mano,guardò fuori mettendosi una mano attorno al viso per vedere meglio all’esterno.
– Ha ragione,sta nevicando, e anche copiosamente!
Disse sorpresa.
– Ha visto? Sapevo di non sbagliarmi,conosco troppo bene la neve !
Sorrisi.
Giovane, sui 25 anni, una bella ragazza forse alle sue prime esperienze in ospedale.
Capelli corti dal taglio asimmetrico, un bel nasino e gli occhi grandi che brillavano nella semioscurità.
Mi guardò in silenzio e poi con un pò di malinconia in volto mi chiese:
– Chi non é venuta a farle visita ? La sua fidanzata ?
– Non sono fidanzato – risposi.
– Sua moglie ?
Sorrisi di nuovo.
– Le sembro un uomo sposato ?
– Assolutamente no!
Disse divertita e con un piccolo sorriso abbozzato in volto..
– Allora chi ? Se posso essere indiscreta.
– Lei… Lei che credo che non sappia nemmeno che mi trovi in questo letto d’ospedale in questo momento.
Mi guardò perplessa.
– Quindi ? Perché dovrebbe venire a farle visita se nemmeno sa che é in ospedale ? Forse dovrebbe avvisarla, no?
Annuii e rimasi in silenzio.
– Allora ? Si é addormentato ?
Chiese sempre più incuriosita.
– Vorrei che venisse qui perché sono innamorato di lei…
– Mi faccia capire, lei é innamorato di questa ragazza e non le dice che é ricoverato in ospedale dopo un brutto incidente in montagna ?
Lasciò la finestra e si sedette al sul bordo del letto, riuscivo a intravedere il cartellino dell’ospedale con il suo nome, Marie, era davvero bella ed é strano come in due settimane di degenza non avessi mai scambiato più che dei convenevoli con lei.
– Marie ? Posso darti del tu ? Dopotutto ho solo pochi anni in più di te.
– Ma certo! Perché no, del resto so anche chi sei, ti ho visto più volte per Aosta, anche se non ci siamo mai conosciuti,Luca vero?.
Sorrisi, non so per quale strano motivo ma la luce particolare della nevicata che filtrava dalla finestra, dava al suo viso un qualcosa di famigliare, di tenero, la rendeva bella.
– Che cosa simpatica hai detto. Comunque lei non verrà perché non sa nemmeno che sono innamorato di lei, non ho mai avuto il tempo di dirglielo, forse nemmeno il coraggio.
Marie arricciò l’angolo destro della bocca, come se non avesse colto il senso di quello che avevo detto, ed effettivamente non poteva averlo capito.
– Vedi, lei l’ho vista solo qualche sera in quel locale di Villeneuve, hai presente ? Dove tutta la valle si ritrova al mercoledì sera ?
– L’inside ? – Rispose dopo averci pensato per un istante.
– Esatto! Le ho offerto da bere un paio di cocktail mentre ero al bancone e l’avevo notata insieme ad una sua amica.
Rise.
– Anche e me è successo, e poi ? Non le hai nemmeno chiesto come si chiamava ?
– In effetti lo stavo per fare, ma poi ho fatto forse una cazzata e l’ho subito persa di vista…del resto sono un abitudinario delle cazzate con le donne.
Socchiuse un attimo gli occhi come se sapesse cosa avevo combinato, poi con tono pacato disse:
– Continua…
– Be dai, per farla breve mi è apparsa davanti un’amica di vecchia data, forse per i troppi cocktail sulle spalle, le ho messo senza troppi problemi la lingua in bocca.
La mente di Marie si fermò per un istante, e i suoi ricordi andarono a un mercoledì sera, quando proprio in quel locale di Villeneuve stava festeggiando il compleanno della sua amica Yvette, e la scena le sembrò all’improvviso famigliare.
Rimase immobile a fissarmi.
– Che c’è ? – le chiesi
– Niente, sono stupita perché un paio di settimane fa mi è capitata la stessa cosa, che strana coincidenza…
– Forse ci siamo già incontrati in passato, l’hai detto tu stessa di sapere chi sono
Risposi quasi interrompendola.
I suoi occhi cambiarono subito espressione, una donna sa dire molto con lo sguardo, e il suo in quel momento esprimeva stupore, timidezza e imbarazzo.
– Posso chiederti una cosa – disse con voce un po’ tremolante.
– Dimmi pure Marie.
– Forse mi sbaglio, ma sono io la ragazza di quella sera?
Guardai di nuovo fuori dalla finestra, vedevo i lampeggianti degli spartineve ormai in azione.
– Si… – dissi con un po’ di vergogna.
– Quindi sono io la ragazza che aspettavi? Ma sono qui da due settimane a farti da infermiera, cosa dovresti aspettare ?
Feci per l’ennesima volta un sorriso, ogni volta che mi faceva sorridere dimenticavo per un istante i vari dolori che avevo in corpo.
– Aspettavo che tu fossi qui per me, e non con me. Vedi, tu sei qui perché questo è il tuo lavoro, devi assolvere al tuo compito di infermiera. Mentre se fossi qui per me, entreresti da quella porta,vestita bene, con un sorriso e verresti a baciarmi chiedendomi come mi sento.
Questa volta fu lei a sorridere, inclinò la testa in segno di imbarazzo.
– Perché non mi hai mai detto niente in queste due settimane? O quella sera ?
– Perché non c’era la neve !
– La neve ?!? Sei strano ! Cosa c’entra la neve ?
– La neve cambia tutto Marie, la neve è pura, la neve copre lentamente tutto, forse copre anche gli sbagli fatti in passato, la neve da una luce diversa ad ogni cosa…
– Ma … – mi interruppe.
– Lasciami finire, la neve mi ha permesso di parlarti questa notte, se non avesse nevicato non avrei attirato la tua attenzione,non saresti andata alla finestra,non ti avrei mai guardata negli occhi e non mi sarei forse nemmeno accorto che sono verdi! In un certo senso la neve ci ha fatto conoscere.
Mi guardò perplessa, si alzò dal letto, scrutò di nuovo fuori dalla finestra e uscì dalla stanza.
Passarono circa venti minuti, prima che la vidi rientrare dalla porta, si era cambiata, ora vestiva un paio di jeans e un maglione dal collo ampio e caldo, si fermò un attimo sulla soglia e la luce del corridoio mi permise per la prima volta di vedere le sue forme.
Si avviò decisa verso il mio letto, sorrise, mi baciò sulla guancia e disse:
– Ciao Luca ! Come ti senti oggi ? Hai visto che sono venuta a farti visita ?
La baciai a stampo sulla bocca, mi guardò sorpresa.
– Hai visto fuori Marie ? Sta nevicando !